Ferrari Monza SP1 in esposizione all'ADI Design Museum di Milano collezione Compasso d'OroFerrari Monza SP1 in esposizione all'ADI Design Museum di Milano collezione Compasso d'Oro

Il premio nato dalla mente di Gio Ponti per valorizzare le qualità di un design italiano (allora agli albori), si è più volte intrecciato con le creazioni automobilistiche. E non sarebbe potuto essere diversamente: l’automobile è uno dei prodotti industriali con maggior valore iconico e simbolico. Scopriamo quali automobili e designer sono stati premiati in quasi settant’anni col più antico e autorevole premio di design.

Indice dell’articolo

Introduzione

La nascita del Compasso d’Oro

Anno 1954: il premio “La Rinascente Compasso d’Oro” per l’estetica del prodotto diviene realtà. La giuria della prima edizione è chiamata ad assegnare il premio tra oltre 5.700 oggetti. Nessuna automobile è premiata in quell’anno: nonostante la bellezza delle realizzazioni di costruttori e carrozzieri, il Compasso d’Oro rifiuta lo stile e l’estetica fini a loro stessi. Il premio vuole invece valorizzare il disegno industriale e le produzioni che lo portano al più alto livello: l’estetica deve esssere un tutt’uno con la destinazione ed il carattere dell’oggetto. E’ il concetto della “forma della funzione”. In altri termini:

Questo significa non che la bellezza è inutile, ma che la forma e la sua bellezza devono essere puramente il risultato di un procedimento logico, mediante il quale le necessità e le tecniche operative sono riunite insieme.

Flavio Manzoni, tratto da “L’automobile italiana”, AA.VV., Giunti Editore

L’evoluzione del design automobilistico

E’ necessario un breve excursus nell’evoluzione del design automobilistico per comprendere le ragioni delle assegnazioni del Compasso.

Andiamo indietro nel tempo, fin negli Trenta del Novecento. E’ solo a partire da quest’epoca, infatti, che l’automobile inizia ad assumere uno stile dotato di propria originalità, allontanandosi definitivamente dal concetto di “carrozza a motore”. Il merito è dello Streamline: l’aerodinamicità può essere sviluppata solo considerando l’automobile come un insieme di parti mobili integrate entro un elemento unitario ed omogeneo. L’antitesi col concetto funzionalista fino ad allora dominante è totale: in quest’ultimo vige la scomposizione e la successiva ricomposizione degli elementi essenziali che costituiscono l’oggetto stesso.

Ben presto lo Streamline si trasforma in styling, con l’applicazione di elementi aerodinamici e affusolati anche laddove non ve ne è alcuna necessità funzionale. Una deriva tipica della produzione statunitense. Da cui, fortunatamente, l’esperienza italiana si discosta. Sono i prodromi dello sviluppo di uno stile originale ed autonomo, che si sviluppa compiutamente del secondo dopoguerra.

Proprio con gli anni Cinquanta la produzione industriale italiana si afferma a livello internazionale. Il succcesso è dovuto all’approccio pluralistico e differenziato del nostro design. Non esiste cioè uno “stile” unico e fine a se stesso. Esistono invece soluzioni e interpretazioni diverse dei problemi che si presentano davanti ai progettisti e ai disegnatori. Il solo elemento in comune è lo studio delle strutture linguistico-semantiche, che comandano la forma degli oggetti.

Le auto (e i designer) premiate edizione per edizione

V Edizione, 1959: Fiat 500

Per vedere un’auto vincere il Compasso d’Oro bisogna attendere il 1959, quando si svolge la V edizione del premio (la prima gestita dall’Associazione per il Disegno Industriale). In un’edizione che verrà ricordata come una delle più selettive di tutta la storia del premio (furono assegnati solo 6 Compassi d’Oro), il riconoscimento ottenuto dalla Fiat 500 assume un valore ancora più importante.

Di seguito riportiamo le motivazioni che portarano a premiare la piccola utilitaria torinese con il Compasso d’Oro:

La vettura Fiat 500 a cui viene attribuito il Compasso d’oro 1959 costituisce un tipico esempio,
nel campo dell’automobile. di una forma nata dalla stretta integrazione fra tecniche proprie
della grande serie nell’industria meccanica e particolari esigenze di economia nella produzione
di una macchina di ampia destinazione popolare. Il premio, sottolineando la coraggiosa
rinuncia alla figuratività tradizionale dell’automobile attraverso un attento riesame del
complesso dei suoi elementi fondamentali, intende portare in rilievo il fatto che tale
concezione, oltre ad aver condotto il designer alla massima limitazione degli elementi
superficiali del costume decorativo segna una importante tappa nella strada verso una nuova
genuinità espressiva della tecnica.

Relazione della Giuria, V Edizione premio Compasso d’Oro

La giuria della V edizione del premio riconosce la genialità della creazione di Dante Giacosa. Un riconoscimento per nulla scontato: nonostante il grande clamore suscitato al momento della presentazione, il successo non arride alla 500, considerata troppo costosa e poco automobile. Le cose cambieranno poco dopo, come dimostra il 2° posto conquistato nella classifica delle auto più vendute del 1961.

Fiat Nuova 500 del 1957, premiata con il Compasso d'Oro 1959
Fiat Nuova 500, 1957 (Stellantis)

Il disegno della Fiat Nuova 500 risponde ai principali criteri di giudizio di quell’anno: il modo in cui l’estetica del prodotto assolve alla funzione ed al valore d’uso del prodotto stesso e l’assenza di elementi estetici e decorativi “manieristici” estranei alla concezione del design industriale. Ma non solo: la presenza di elementi di interesse diretto verso quello specifico prodotto di massa fa si che non sia solamente una emulazione di prodotti di categoria superiore.

In questo quadro, l’assegnazione del Compasso d’Oro alla Fiat 500 è altresì il riconoscimento del fenomeno dell’utilitaria. E’ un momento di altissima originalità e di trasformazione della società verso il modello metropolitano. Dove l’utilitaria permette la crescita delle possibilità di mobilità individuale, con tutti i benefici che ciò comporta.

Dal punto di vista del design, con la Fiat 500 si porta ai livelli più elevati la cosiddetta estetica del carter. Un fenomeno iniziato con la Vespa del 1946, in cui la forma è puramente funzionale e coprire, quasi a nascondere, il contenuto meccanico del prodotto. Seguendo quanto già fatto con la Fiat 600, nella Nuova 500 è l’abitacolo e la sua abitabilità a determinare lo sviluppo estetico di tutta la vettura. Addirittura si può dire che il gusto inizia a influenzare, forse addirittura a precedere, l’aspetto tecnico, fino ad allora dominante.

VI Edizione, 1960: Abarth Zagato 1000

Uno dei 10 Compassi d’Oro dell’edizione numero VI del 1960 è assegnato alla Abarth Zagato 1000. Una vettura sportiva, da competizione. Per la giuria la sportiva Abarth è il risultato di un design semi-industriale di qualità eccellente, nel quale i caratteri estetici e tecnologici sono interpretati in maniera sorprendente, se non spregiudicata (utilizzando il termine riportato nella relazione della giuria), in relazione alle funzioni che sono chiamati a svolgere.

Nel design della creazione di Ugo Zagato è ravvisato un rinnovamento di singole parti della vettura, anche meccaniche, sempre con lo scopo di ottenerne la massima funzionalità possibile in relazione alle ambizioni competitive della Abarth Zagato 1000. L’auspicio della giuria è che questo approccio radicale possa “contagiare” anche la produzione automobilistica di grande serie.

Fiat Abarth Zagato 1000 GT Bialbero, in esposizione presso l'Adi design Museum, collezione Compasso d'Oro
Fiat Abarth Zagato 1000 GT Bialbero (Stellantis)

Per la verità il disegno della 1000 GT Bialbero, questo il nome completo della vettura, è il frutto di un approccio evolutivo che viene da lontano: per restare in casa Abarth, è del 1956 la prima 750 Coupè Zagato. Elaborazione spinta della Fiat 600, la Abarth Zagato 750 Coupè nella sua carriera subisce molte trasformazioni, che porteranno alla definizione dello stile della 1000 GT Bialbero.

IX Edizione, 1967: Ruota in lega leggera Cromodora

Il Compasso d’Oro è stato assegnato non solo ad automobili “intere”, ma anche ad alcuni singoli elementi che le compongono. Questo è avvenuto nel 1967, quando venne deciso di premiare una ruota. Più precisamente, il cerchio in lega Cromodora disegnato dall’ufficio tecnico Fiat e montato su Fiat Dino, Dino 206 GT, Dino 246 e Ferrari-Dino 308 GT4.

Ruota in lega leggera Cromodora per autovettura Dino in esposizione all'ADI Design Museum di Milano per il Compasso d'Oro
Ruota in lega leggera Cromodora in esposizione all’ADI Design Museum di Milano

La giuria (di cui fa parte anche lo sfortunato creatore della Fiat 127, Pio Manzù) ritiene quest’oggetto in grado di valorizzare l’espressività tradizionale del prodotto pur nel rispetto delle esigenze tecnico-costruttive.

XI Edizione, 1979: gli interni della 131 Supermirafiori e la ricerca aerodinamica Pininfarina

Tra la decima edizione del 1970 e la successiva trascorrono ben 9 anni. Un ottima ragione per realizzare una delle edizioni più ricche di premi: 42 i Compassi d’Oro assegnati a prodotti ed elaborati di graphic design, a ricerche nell’ambito del design e della sua innovazione, nonchè a aziende ed enti particolarmente attive nel campo.

L’automotive non resta a bocca asciutta e riceve due riconoscimenti: gli interni della Fiat 131 Supermirafiori e la ricerca sulla forma aerodinamica di Pininfarina ricevono entrambi l’ambito Compasso.

– Fiat 131 Supermirafiori: gli interni

Prima di descrivere i premiati interni della Fiat 131 Supermirafiori, mai come in questo caso è opportuno fare un breve incipit sulla figura che li ha progettati: Rodolfo Bonetto. Il cognome Bonetto è ben conosciuto all’ambiente dell’auto (lo zio Felice Bonetto è stato pilota automobilistico di successo), ma lo è anche a quello del disegno (il padre Piero Bonetto era disegnatore presso la ditta aeronautica SIAI-Marchetti). Sarà forse per questa commistione culturale che, negli anni ’50, il giovane Rodolfo intraprende da autodidatta la professione di designer. Portandolo presto a collaborare, tra gli altri, con Pininfarina e il Centro Stile Fiat.

Proprio con il Centro Stile Fiat nascono gli interni della rinnovata Fiat 131 del 1978: se alcuni modelli alla base delle gamma mantenevano gli interni della prima serie, le versioni Supermirafiori si caratterizzavano per un’abitacolo ampiamente rinnovato e ben rifinito, nel quale lo stile ed il confort offrivano ai guidatori un nuovo modo di vivere e di abitare l’auto. Il tutto all’insegna di una ritrovata ergonomia.

Elemento centrale è lo stile della plancia: la strumentazione (la cui grafica fu curata da Giancarlo Iliprandi, uno dei più importanti grafici italiani) è raccolta in tre riquadri quadrangolari posti appena sopra il volante, come a protendersi verso il guidatore. Al contrario, davanti al passeggero la plancia si assottiglia verso il parabrezza, lasciando così maggiore spazio e ariosità (una soluzione, questa, che sarà ripresa e perfezionata nella plancia dell’Autobianchi Y10, anch’essa realizzata dallo studio di Bonetto).

Cruscotto Fiat 131 Supermirafiori progettato da Rodolfo Bonetto, premio Compasso d'Oro 1979
Cruscotto Fiat 131 Supermirafiori progettato da Rodolfo Bonetto

Innovativo e curato è poi il vano portaoggetti, il cui coperchio è realizzato da due ante scorrevoli tra loro sovrapposte, nonchè le canalizzazioni per il disappannamento della finestratura laterale. Non meno importante è l’utilizzo di materiali di qualità: il cruscotto e i rivestimenti delle portiere sono in plastica morbida, i tessuti dei sedili e delle tappezzerie sono eleganti e raffinati.

Infine, una curiosità. Oltre che gli interni della Fiat 131 Supermirafiori, la giuria del Compasso d’Oro 1979 premiò anche un’altra realizzazione di Bonetto: l’Olivetti Inspector Midi 130 W, un macchinario per la misurazione industriale.

– Ricerca forma aerodinamica Pininfarina con C.N.R.

A seguito della crisi petrolifera del 1973 si eleva l’aspettativa di profondi cambiamenti nella fisionomia delle automobili, col chiaro fine di diminuire i consumi di carburanti. Nella realtà della produzione di serie tuttavia non si assiste a rivoluzioni, bensì a piccole evoluzioni basate sull’aggressività commerciale e sul gusto dell’epoca. E non sulla ricerca ed il rinnovamento, come invece si ci sarebbe aspettato.

In questo quadro la sperimentazione avviene attraverso studi e prototipi, di cui quello realizzato nel 1978 da Pininfarina con il C.N.R. (Centro Nazionale delle Ricerche) è particolarmente significativo, tanto da meritarsi il Compasso d’Oro.

Questo studio, chiamato Forma Aerodinamica Ideale, non si propone di definire un’automobile, ma una linea (o un involucro) particolarmente efficiente in termini aerodinamici. La Forma ha linee molto morbide e arrotondate, con fiancate concave rispetto all’alloggiamento delle ruote, ed un frontale estremamente penetrante. Soluzioni che permettono di ottenere un coefficiente aerodinamico (cx) di soli 0,20.

Il prototipo C.N.R. Energetica 1 è la traduzione in automobile (pur sempre prototipale, se non di vera e propria maquette) della Forma di Pininfarina. E’ così che compaiono gli alloggiamenti per i fari a scomparsa, la finestratura e la presa d’aria ovale all’anteriore. La Energetica 1 ha le sembianze di una berlina fastback, con il lunotto posteriore molto inclinato che si raccorda con una coda tronca e compatta, mentre il frontale non presenta soluzione di continuità tra il parabrezza ed il volume anteriore.

XII Edizione, 1981: Fiat Panda

Nella relazione della giuria relativa alla XII Edizione del Compasso d’Oro si legge:

La capacità di sviluppo e di rinnovo del design italiano in questi ultimi anni è più facilmente riscontrabile in una più diffusa “qualità” (produttiva e progettuale) piuttosto che, come in passato, legata ad una situazione elitaria di grande livello e prestigio.

Relazione della Giuria, XII Edizione premio Compasso d’Oro

Un’evoluzione, per la verità, non riscontrabile a livello generale nel design automobilistico, dove all’aspettativa di profondi cambiamenti in quella che è la fisionomia dell’automobile si contrappone una realtà in cui, dopo la forte discontinuità stilistica avvenuta già all’inizio degli anni ’70 (basti pensare alla Fiat 127 di Pio Manzù e all’Alfasud di Giugiaro, caratterizzate da linee piuttosto tese e spigolose), si preferisce un’evoluzione più lenta e rassicurante nei confronti della clientela. Ci sono, tuttavia, alcune importanti eccezioni. Come dimostra l’auto premiata quell’anno: la Fiat Panda.

La Panda di Giorgetto Giugiaro, d’altronde, è molto più di una utilitaria: ne propone una nuova visione, un nuovo concetto, partendo dagli assiomi del design “funzionalista”. Le superfici sono tese, le forme geometriche, gli elementi grafici numerosi e amichevoli.

La vera rivoluzione, poi, la Panda la fa nell’abitacolo. La plancia è formata da una struttura tubolare che consente di ricavare, di fronte al passeggero, un utile e capiente marsupio in tela. O, ancora, il divanetto posteriore trasformabile in una comoda culla.

Spot Fiat Panda 1980 (Centro Storico Fiat)

Si può affermare che, nell’intento di abbattere quanto più possibile i costi di produzione, Giugiaro e l’Italdesign si siano ingegnati al fine di trovare soluzioni nuove ed originali, massimizzando la semplicità e la funzionalità dell’abitacolo piuttosto che optare verso un suo mero impoverimento. Realizzando, pertanto, una vera e propria opera di design industriale che potremmo definire “di massa”. Partendo, oltretutto, da concetti di architettura e non di design automobilistico in senso stretto.

XIII Edizione, 1984: Giorgetto Giugiaro

Se tre anni prima era stata premiata la Panda, nell’edizione del 1984 il Compasso d’Oro è assegnato al suo autore, Giorgetto Giugiaro. A colpire la giuria non è stata solo la qualità dei progetti del designer di Garessio, bensì il metodo di lavoro utilizzato.

Se, per il primo aspetto, è fondamentale il processo interdisciplinare adottato, in grado di coniugare le nuove tecnologie con la tradizione artigianale e la creatività “intuitiva” tipica di chi opera nel nostro Paese, il metodo lavorativo è del tutto peculiare e innovativo nella situazione italiana dell’epoca. Fin dai tempi della fondazione della SIRP nel 1968 (e successivamente divenuta Italdesign), Giugiaro e la sua squadra non offrono solamente un “prodotto”, bensì un servizio professionale di design, sempre in stretta collaborazione con l’attività ed il campo d’azione del committente. Dal disegno alla progettazione, l’Italdesign offre idee e servizi completi, in grado di essere venduti ed esportati con successo anche all’estero.

Qui di seguito esponiamo una carrellata fotografica delle auto (fonte: Italdesign), di serie o meno, più significative dell’opera di Giugiaro nell’ambito della sua esperienza in Italdesign, perlomeno fino all’anno cui questa XIII edizione del premio fa riferimento.

  • Bizzarrini Manta
  • Porsche Tapiro
  • Alfa Romeo Alfasud
  • Maserati Merak
  • Audi Asso di Picche
  • Lancia Megagamma
  • ItalDesign M8
  • Isuzu Asso di Fiori
  • Sketch della Lancia Delta
  • DeLorean DMC-12
  • Fiat Panda 4X4 Strip
  • Sketch della ItalDesign Capsula
  • Prototipo del Piaggio Ape TM

XVII Edizione, 1994: Fiat Punto

La parola d’ordine dell’edizione del 1994 è crisi. Economica, creativa, di idee, di soluzioni. D’altronde il mondo del design, e il mondo in generale, è molto cambiato rispetto a quello in cui, quarant’anni prima, il premio era stato ideato e creato. Ad una situazione pioneristica e sperimentale si era sostituito un contesto maturo dove progettisti, designer e soprattutto committenti rifiutano il rischio dell’innovazione, della proposizione di nuove idee e soluzioni. E questo nonostante nuovi problemi di tipo sociale, antropologico ed ecologico si facciano strada sempre più prepotentemente. Come dimostra il carattere sempre sempre più informatico, mediatico e virtuale della società.

Una descrizione che ben si adatta anche alla situazione dell’auto italiana, con la Fiat nuovamente impegnata a fronteggiare una delle sue crisi cicliche. Non solo: dopo i fasti di metà anni ’80, i prodotti successivi si distinguono – negativamente – per uno stile compromesso dalle esigenze tecniche e produttive. Le realizzazioni troppo spesso perdono di unitarietà stilistica, di identità e di personalità.

In questo contesto si distingue la nuova Fiat: la Punto. Erede di tante utilitarie del marchio progettate da Dante Giacosa (che, peraltro, figura nella giuria di questa edizione del premio), la Punto osa e propone un nuovo linguaggio stilistico per il marchio. La linea della Punto suggerisce l’idea plastica di essere nata dalla colata di un unico corpo di metallo, dove gli altri organi e gli altri materiali si integrano continuamente, come sostenuto dalla giuria.

Vista laterale Fiat Punto 3 porte, allestimento Sole
Fiat Punto 3 porte, allestimento Sole

Se, con la Punto, la Fiat esorcizza la sua crisi e pone le base per una (breve) ripresa, il merito è da ascrivere al solito Giorgetto Giugiaro, che con l’Italdesign firma lo stile dell’auto Compasso d’Oro 1994, nonchè Auto dell’Anno 1995.

XIX Edizione, 2001: Ferrari

Bastano pochi anni a far sparire molte delle preoccupazioni e dei temi irrisolti che affliggevano il design italiano di metà anni ’90. O, per lo meno, a far si che venissero affrontati con maggiore maturità, coscenza e formazione.

Un chiaro esempio di questa crescita è rappresentata dalla Ferrari, premiata proprio nel 2001 col Compasso d’Oro: il primo di una lunga serie. La giuria riconosce in Ferrari un modello industriale e progettuale unico e di livello internazionale. L’incessante ricerca scientifica e tecnologica (compreso lo studio dei materiali e dell’aerodinamica), la qualità estetica universalmente riconosciuta, la cultura aziendale che se da un lato – e non potrebbe essere altrimenti – pone enfasi sul risultato ed il suo raggiungimento, dall’altro lo fa all’interno di un ambiente in cui l’uomo e le sue emozioni sono poste al centro di tutte le operazioni.

Non è quindi un caso se, proprio in quegli anni, la Ferrari sia tornata al successo sulle piste e sui mercati internazionali. Un rilancio partito da lontano, che affonda le sue radici in auto come la F355 e la F50, e poi pienamente concretizzato con la 360 del 1999.

  • Ferrari F355 Berlinetta
  • Ferrari F50
  • Ferrari 550 Maranello
  • Ferrari 360 Modena

XX Edizione, 2004: Fiat Panda, Alfa Romeo Brera Concept e Brembo CCM

C’è molto automotive nella XX Edizione del Compasso d’Oro. E, ad essere premiati, sono prodotti che appartengono a livelli e categorie molto diverse. Perchè la giuria premia sia il sogno, rappresentato dalla concept car Alfa Romeo Brera, sia l’eccellenza, che assume le vesti dell’impianto carboceramico Brembo, sia la praticità e l’accessibilità, con la riedizione della Fiat Panda.

– Fiat Panda II

Un nome fortunato, quello della piccola utilitaria Fiat, che già le valse il Compasso d’Oro nel 1981 e che, tre anni dopo, contribuì all’assegnazione del premio alla figura di Giugiaro. E pensare che in Fiat pensarono di accantonarlo in favore di Gingo…ma stiamo divagando. Quel che conta è che con la seconda edizione della Panda la Fiat ha saputo interpretare al meglio i valori del marchio: simpatia, praticità, semplicità, accessibilità, solidità.

Disegnata dal Centro Stile Fiat in collaborazione con la carrozzeria Bertone, la nuova Panda si inserisce nel poco fortunato filone stilistico inaugurato dalla Punto II del 1999 e proseguito con la Stilo del 2001. Eppure, con pochi sapienti tocchi di matita (e una progettazione accurata e intelligente), la nuova Panda ha quel carattere e quell’originalità che permetterà alla Fiat di sopravvivere alla crisi più grave della sua storia. E, al contempo, dare un’erede alla Panda di Giugiaro, dopo 23 anni di lunga e onorata carriera.

Vista laterale della Fiat Panda II, premiata con il Compasso d'Oro 2004
Fiat Panda II (Stellantis)

– Alfa Romeo Brera concept

Il nome di Giugiaro torna prepotentemente alla ribalta del Compasso d’Oro: il merito è della concept car Brera, disegnata dal garessino con l’obiettivo di omaggiare il marchio Alfa Romeo e la sua storia. Senza dimenticare la modernità: la Brera Concept era infatti capace di esprimerne l’evoluzione tecnologica. Compito non semplice, tanto più che l’auto, nell’idea di Giugiaro, doveva esprimere un’eleganza ed una classicità pensate per durare nel tempo.

Modello in scala dell'Alfa Romeo Brera concept in esposizione presso l'ADI Design Museum di Milano, premiata con il Compasso d'Oro 2004
Modello in scala dell’Alfa Romeo Brera concept in esposizione presso l’ADI Design Museum di Milano

Non è quindi un caso che i tratti e i volumi della Brera Concept siano essenziali, netti, armoniosi: elementi che portano la giuria a considerarla come una delle automobili più belle e affascinanti che siano mai state realizzate.

Ma la Brera non ha dalla sua solo lo stile: la ricerca e l’eccellenza tecnologica si esprimono attraverso il corpo vettura in fibra di carbonio e la particolarissima porta che, grazie all’azione di uno snodo brevettato, viene proiettata verso l’alto in fase di apertura.

– Disco e pinza Brembo CCM

Lo abbiamo già visto: nel corso della sua storia il Compasso d’Oro ha premiato non solo prodotti finiti, ma anche elementi di componentistica. In questo senso, l’assegnazione del premio all’impianto frenante in carbonio ceramico Brembo CCM ha un duplice significato. Anzitutto, per il suo valore stilistico: come si legge nelle motivazioni della giuria se non fosse un freno ad alte prestazioni sarebbe una scultura degna di qualunque museo d’arte moderna. E, inoltre, per il suo valore progettuale e di innovazione: il Brembo CCM è uno dei primi impianti carboceramici pensati per vetture stradali ad alte prestazioni.

Freno Brembo CCM premiato con il Compasso d'Oro 2004 in esposizione presso l'ADI Design Museum di Milano
Freno Brembo CCM in esposizione presso l’ADI Design Museum di Milano

XXI Edizione, 2008: Pininfarina Nido

La sicurezza è la prerogativa della Pininfarina Nido. E’ questa una concept car di citycar a due posti, presentata dal carrozziere torinese nel 2004, che propone una risposta organica ai temi della sicurezza e della mobilità sostenibile. Un progetto di design industriale, curato tanto da un punto di vista progettuale che estetico.

Già dal nome, Nido, la proposta Pininfarina mette al centro i suoi passeggeri. Grazie a innovative soluzione ergonomiche, essi godono di un confort ed una spaziosità sconosciuti anche a vetture di maggiori dimesioni. Non di meno, il “Nido” enfatizza l’idea di un guscio protettivo degli occupanti: grazie ad un cellula rigida in grado di scorrere come una slitta su una guida centrale, la vettura trasferisce e dissipa l’energia derivante da un urto frontale a due assorbitori. Una soluzione che, al tempo stesso, garantisce una decelezione graduale e controllata sugli occupanti.

Pininfarina Nido, premio Compasso d'Oro 2008
Pininfarina Nido (Pininfarina)

La sua estica coocon permette, in buona sostanza, di comunicare a chi la guarda il concetto innovativo dell’abitacolo, per mezzo di un riuscito linguaggio formale moderno e semplice che trae ispirazione dall’industrial design degli anni Settanta.

XXII Edizione, 2011: Nuova Fiat 500 e Walter De Silva

Qualità: è questo il trait d’union dei Compassi d’Oro dell’edizione 2011. Qualità intesa in tutti i suoi aspetti: funzione, forma, identità visiva, linguaggio, innovazione. Con queste premesse, la XXII edizione del premio riconosce la qualità nella nuova Fiat 500 del 2007 e nella carriera del designer lecchese Walter De Silva.

– Nuova Fiat 500

Sarebbe stato impossibile non premiare la nuova Fiat 500 del 2007: troppo grande l’impatto mediatico, produttivo e finanche culturale della citycar Fiat. Ma ben s’intenda, il riconoscimento della giuria è slegato da questi aspetti. Il motivo è presto detto: la nuova 500 non si limita a reinterpretare un’icona del design italiano (già premiata nel 1959), ma lo fa senza nostalgia ed anzi attraverso linee e concetti fortemente innovativi.

Vista laterale della Fiat 500 del 2007, con la Fiat 500 del 1957 sullo sfondo. Entrambe premiate con il Compasso d'Oro
Fiat 500 (Stellantis)

Se, da un lato, la nuova 500 rientra pienamente in quel filone di remake e revival che, in ambito automobilistico, nasce nel Giappone di fine anni ’80 (come non ricordare le Pike Car Nissan, vale a dire Figaro, Pao e Be-1) per poi proseguire in Europa con la Volkswagen New Beetle degli anni ’90 e la Mini del nuovo millennio, dall’altro questo modello agisce come catalizzatore dei valori del marchio Fiat, donando a quest’ultima linfa e vitalità.

– Walter De Silva

Come già avvenuto quasi vent’anni prima con Giugiaro, il Compasso d’Oro torna a premiare la figura, e la carriera, di un designer dell’automobile: Walter De Silva. Una lunga carriera iniziata a vent’anni e culminata nelle esperienze in Alfa Romeo e Volkswagen, per la quale arriverà a coprire l’incarico di capo del Centro Stile dell’intero gruppo.

Un percorso, quello di De Silva, costellato di successi. Per qualsiasi appassionato di auto e di design è impossibile non ricordare due capolavori come l’Alfa 156 del 1997 e l’Alfa 147 del 2001. Due auto che sono molto più che belle vetture: con esse, e con gli altri modelli disegnati negli anni in cui è responsabile dello stile Alfa Romeo, De Silva lavora al recupero dei valori del marchio Alfa. Questi valori, purtroppo dispersisi per la cronica mancanza di fondi nell’ultima fase IRI e ulteriormente messi in crisi nei primi anni di proprietà Fiat, rinascono grazie all’attenzione posta sulle proporzioni e all’uso di citazioni discrete, se non addirittura colte, di modelli ed elementi del passato. Senza cadere, ed è questa la vera forza di De Silva, nel retrò e nel remake.

Ben diverso è il suo apporto in Seat, dove la stella polare è la creazione stessa di valori. De Silva lo fa interprentando l’animo mediterraneo e appassionato del marchio spagnolo, con i prototipi Salsa e Tango ad indicare la strada. Linee sinuose, volumi abbondanti caratterizzano le Seat di quegli anni, dall’Ibiza alla Leon. Senza tralasciare la monovolume Altea, forse la prima di questa categoria a mostrare un carattere così sportivo e dinamico.

Eppure, secondo quelle che sono le sue stesse dichiarazioni, il meglio lo dà all’Audi, dove ottiene il premio dell’Auto più bella del mondo per l’Audi A6 e la Murcielago Roadster della Lamborghini (ricordiamo che in quegli anni il marchio del Toro era inquadrato sotto la guida dell’Audi). E dove disegna la A5, che considera la sua auto più bella: la coupè Audi rappresenta una sintesi stilistica quasi perfetta tra la tecnologia e la rigidità tedesca con il pensiero e l’emozionalità italiana.

Un lavoro non meno importante De Silva lo svolge alla Volkswagen. Sotto la sua guida con la Golf VI vengono recuperate la personalità e la forza del modello, messe in discussione dalla controversa Golf V (di cui, tra l’altro, la VI è un pesante restyling). Viene inoltre impostata la gamma ed il linguaggio stilistico degli anni ’10, di cui la quinta serie della Polo, l’ottava della Passat, la citycar Up! e la coupè compatta Scirocco sono alcune delle espressioni più significative.

XXIII Edizione, 2014: Ferrari F12 Berlinetta

Se il numero di proposte di qualità conferma lo stato di salute del design italiano, il diminuire di automobili pensate per il grande pubblico fa si che, in campo automotive, il Compasso d’Oro rivolga il suo sguardo ai marchi del lusso e dell’eccellenza sportiva. Un fenomeno a cui, per la verità, si assiste già dai primi anni 2000 ma che diverrà la norma proprio da questa edizione del premio.

E’ così che il premio torna in casa Ferrari, dopo il riconoscimento del 2001. Ad essere premiata è la F12 Berlinetta del 2012, prima vettura del Cavallino disegnata e progettata in collaborazione tra il Centro Stile interno guidato da Flavio Manzoni (peraltro creato solo pochi anni prima) e Pininfarina. Stando alle motivazioni della giuria, il Compasso le è assegnato per la forma filante, la cui aerodinamica ottimizza le prestazioni della vettura. E se questo è sicuramente vero, l’importanza della F12 Berlinetta non si limita a questo.

In particolare, la F12 è in grado di coniugare un’estetica da granturismo con un carattere da sportiva pura. Ne sono un esempio i due posti secchi e l’avanzatissimo studio aerodinamico che caratterizza ogni elemento, se non ogni linea, della berlinetta modenese.

XXIV Edizione, 2016: Ferrari FXX K

Ancora un premio per la Ferrari, ancora un premio per il centro stile Ferrari guidato da Flavio Manzoni: merito della FXX K, vettura estrema del Cavallino, non omologata per l’uso stradale – e nemmeno per le competizioni – destinata al solo utilizzo in pista da parte dei selezionatissimi clienti/collaudatori. Il tutto all’interno di uno specifico programma di ricerca e sviluppo promosso dalla stessa Ferrari.

La FXX K presenta quindi un modo nuovo per testare soluzioni non ancora mature per la produzione in serie. E’ il caso del Kers, sistema di recupero dell’energia già visto in Formula 1 e sulla LaFerrari, qui giunto ad un nuovo stadio evolutivo.

Il programma della FXX K si lega concettualmente a quanto fatto una decina d’anni prima con la FXX, sviluppata a partire dalla Ferrari Enzo. Con la FXX K la base di partenza è la LaFerrari, sebbene le modifiche estetiche e aerodinamiche siano presenti in quantità nettamente superiore.

Di fatto, l’assegnazione del Compasso d’Oro alla Ferrari FXX K rappresenta il riconoscimento ad un progetto, e al team che l’ha sviluppato, in grado di incarnare i valori storici del marchio e del Made in Italy.

XXV Edizione, 2018: Alfa Romeo Giulia e Chris Bangle

Una tendenza del nostro tempo, ben presto riconosciuta dal premio, è la pervasività del design. Non solo il suo ambito di applicazione si è enormemente ampliato, ma ha contaminato gli spazi delle città e, più in generale, della socialità. E’ così che i valori dell’estetica, della qualità d’uso e dell’innovazione sono divenuti diffusi e accessibili, nonchè comprensibili. A prescindere dalla natura fisica o digitale dell’oggetto.

Un concetto legato a doppio filo con la visione della progettazione come visione di futuro e di innovazione. E’ in questo quadro che ben si comprendono le ragioni che hanno portato la giuria a premiare l’Alfa Romeo Giulia e la carriera del designer Chris Bangle.

– Alfa Romeo Giulia

E’ il 24 giugno del 2015 il giorno che segna (l’ennesima) rinascita del Biscione: presso il rinnovato Museo Storico Alfa Romeo fa il suo debutto la nuova Giulia Quadrifoglio Verde. Il giorno è propizio: l’Alfa celebra i suoi primi 105 anni esprimendo i valori, anche tecnici, che le sono propri.

Il ritorno alla trazione posteriore, ad un telaio sviluppato appositamente e, più in generale, ad una dinamica di guida superba sono le caratteristiche tecniche peculiari della nuova Alfa Giulia. Ed il design di questa berlina è l’elemento chiave che permette di descrivere l’eccellenza del modello e di tutto il nuovo corso Alfa Romeo. Del quale diventa il manifesto.

Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio Verde (Stellantis)

Le proporzioni della Giulia, disegnata dal Centro Stile Alfa Romeo, ben esprimono la sua impostazione tecnica. Il lungo cofano, lo sbalzo anteriore ridotto e l’abitacolo arretrato poggiato sull’asse posteriore sottolineano la presenza della trazione sulle ruote dietro e dei motori montati in senso longitudinale.

Non di meno, l’Alfa Romeo Giulia si fa portavoce della tradizione stilistica italiana, grazie a linee pulite e superfici solide, scultoree. Tutti elementi che le sono valsi il Compasso d’Oro.

– Chris Bangle

Sono pochi i nomi che, nell’automobilismo moderno, escono dalle stanze degli addetti ai lavori per diventare popolari anche al grande pubblico. Chris Bangle è sicuramente uno di questi. D’altronde, l’americano Chris Bangle è andato oltre il design delle automobili: è lui la mente, e la matita, delle panchine giganti che oggi punteggiano il nostro territorio.

La carriera di Bangle inizia alla Opel (dove firma gli interni del prototipo Junior), ma è all’interno del gruppo Fiat che mostra la sua visione del design. La concept Fiat Downtown del 1993, la Fiat Coupè e l’Alfa Romeo 145, entrambe del 1994: auto dai tratti decisi, talora senza compromessi, sicuramente originali e pienamente riconoscibili.

Terminata l’esperienza italiana, alla BMW Chris Bangle ha la possibilità di esprimersi pienamente, dando vita a un nuovo linguaggio della forma. E la concept car Z9 del 1999 dice già molto del Bangle-pensiero. L’obiettivo è risolvere i problemi del car-design di quegli anni, come la forma a cuneo, considerata l’unico modo per esprimere forza dinamica e movimento. Bangle rompe questa visione, risolvendo il tema dotando la Z9 di un posteriore a bauletto e di fiancate dove concavità e convessità giocano tra loro.

BMW Z9 Concept (BMW)

Se le linee della Z9 si tramuteranno in quelle della Serie 6 del 2003, i due elementi appena descritti caratterizzeranno la produzione BMW di tutti gli anni 2000. Proprio la coda a bauletto contraddistingue la Serie 7 del 2001, per la quale viene aspramente criticata. Eppure, questa soluzione permette di abbassare visivamente la coda stessa, che per motivi progettuali e aerodinamici si trova ad un’altezza fuori dal comune. Allo stesso modo, il gioco tra superfici concave e convesse – particolarmente presenti su Z4 e Serie 1 – ha lo scopo di “snellire” carrozzerie che, per motivi tecnici e costruttivi, sono sempre più grosse, più “grasse”.

Tutta l’opera di Bangle si caratterizza per l’entusiamo e la capacità di guardare al futuro. Lo stesso di un bambino seduto sopra ad una panchina troppo grande per quelle che sono le sue misure.

XXVI Edizione, 2020: Ferrari Monza SP1 e Brembo Formula E Caliper

Il 2020 non è un anno come tutti gli altri, l’emergenza sanitaria sconvolge le vite di tutti noi, riflettendosi anche sul design. Beninteso, i frutti della pandemia non sono ancora visibili negli elaborati valutati dalla giuria. Ma essa ha amplificato e accelerato tendenze in atto da tempo: il design è sempre più diffuso, fluido, intangibile. Tanto da parlare di extensive design, concetto difficile da definire e inquadrare negli schemi tradizionali.

E’ comunque possibile riconoscere alcune tendenze generali. Ad esempio: la ricerca di pulizia della linea, la semplicità assurta sempre più a valore, la contaminazione da dimensioni quali etica, ambiente, cura della persona. Tendenze espresse, in modi differenti, dai due prodotti automotive premiati: la barchetta Ferrari Monza SP1 ed il freno Brembo Caliper pensato per la Formula E.

– Ferrari Monza SP1

La capacità di proiettarsi nel futuro facendo tesoro della memoria e senza cadere nel vintage. Con queste poche parole la giuria motiva l’assegnazione del Compasso d’Oro alla Ferrari Monza SP1, una sportivissima barchetta monoposto pensata per un uso stradale.

Poche parole, si diceva, più che sufficienti per comprendere il valore di questa vettura. Già, perchè la Monza (disponibile anche in versione SP2 a due posti) è la prima Ferrari del Concetto Icona, cioè una serie di vetture a tiratura limitata, ispirate alle auto da competizione più significative costruite dal Cavallino negli anni ’50. Una nuova segmentazione che permette alla Ferrari di mantenere quell’aurea di esclusività che la contraddistingue da sempre. Pur in una fase in cui la produzione annua supera di slancio i 10 mila pezzi.

Ferrari Monza SP1 in esposizione all'ADI Design Museum di Milano collezione Compasso d'Oro
Ferrari Monza SP1 in esposizione all’ADI Design Museum di Milano collezione Compasso d’Oro

Le muse della Monza SP1 sono, in particolare, la 166 MM del 1948 – che è la capostipite di tutte le barchette – nonchè le 750 e 860 Monza. Disegnata dal Centro Stile Ferrari sotto la guida di Flavio Manzoni, la Monza bandisce ogni esasperazione formale. Una novità, essendo le altre creazioni della stessa squadra più votate all’aerodinamica pura ed alla massima prestazione. Un unico tratto di matita, che divide visivamente il guscio inferiore da quello superiore, per una superficie essenziale, elegante, minimalista.

Ma come può un monolite come la Monza SP1 risultare così visivamente leggero? Se l’assenza del padiglione gioca un ruolo a favore nell’ambito delle proporzioni, non di meno influiscono il cofano motore (anteriore, in quanto la Monza SP1 è pur sempre una declinazione della 812 Superfast) integrante i parafanghi e le piccole porte apribili verso il cielo.

  • Ferrari Monza SP1 in esposizione all'ADI Design Museum di Milano, collezione Compasso d'Oro
  • Ferrari Monza SP1 in esposizione all'ADI Design Museum di Milano collezione Compasso d'Oro
  • Ferrari Monza SP1 in esposizione all'ADI Design Museum di Milano collezione Compasso d'Oro
  • Ferrari Monza SP1 in esposizione all'ADI Design Museum di Milano, collezione Compasso d'Oro
  • Ferrari Monza SP1 in esposizione all'ADI Design Museum di Milano, collezione Compasso d'Oro
  • Ferrari Monza SP1 in esposizione all'ADI Design Museum di Milano collezione Compasso d'Oro
  • Ferrari Monza SP1 in esposizione all'ADI Design Museum di Milano collezione Compasso d'Oro
  • Ferrari Monza SP1 in esposizione all'ADI Design Museum di Milano, collezione Compasso d'Oro
  • Ferrari Monza SP1 in esposizione all'ADI Design Museum di Milano, collezione Compasso d'Oro

– Brembo Formula E Caliper

Che Brembo fosse un’azienda dell’eccellenza italiana lo si sapeva. Così come che la sua importanza sia data non solo dal valore tecnico e progettuale dei suoi prodotti, ma anche da quello stilistico. La dimostrazione di questo è il Compasso d’Oro ricevuto nel 2004.

A meno di vent’anni di distanza Brembo fa il bis con la pinza freno per la Formula E, specifica quindi per le competizioni di monoposte elettriche. E la sua complessità tecnica ne determina anche la bellezza estetica. Si tratta infatti di una pinza monoblocco a quattro pistoni in lega di alluminio, capace di garantire prestazione e leggerezza in una geometrica senza rivali.

Brembo Formula E Caliper
Brembo Formula E Caliper (Brembo)

XXVII Edizione, 2022: Pagani Huayra Roadster BC

Lavoro, ingegno, imprenditorialità e qualità dei prodotti della tradizione italiana. Unite all’uso di nuove tecnologie e ricerca sui materiali permettono al design di esplorare ed innovare. E la Pagani Huayra è il concentrato di tutte queste esperienze e direzioni.

Più precisamente, ad aggiudicarsi il Compasso d’Oro è la Huayra Roadster BC, disegnata dallo stesso fondatore dell’azienda che l’ha creata, il progettista argentino Horacio Pagani. Presentata nel 2019, la versione aperta della hypercar Huayra è definita da Pagani un’estrema ispirazione alla bellezza e alla ricerca scientifica in ogni sua forma, plasmata secondo i principi leonardeschi di Arte e Scienza.

Pagani Huayra Roadster BC (Pagani)

Se queste parole possono sembrare fuori luogo, va brevemente ricordata la genesi della vettura, i cui primi semi sono stati piantati addirittura nel 2003. D’altronde, i vincoli di progetto erano rigidissimi: la forma di quest’auto è al totale servizio dell’aerodinamica e della prestazione. Una forma funzionale, estrema, ma non per questo meno bella e innovativa.